Il rapporto degli ispettori Asl. Indagato, l'ad ThyssenKrupp. I sindacati rifiutano l'anticipo della Cig e chiedono l'apertura di una trattativa a livello nazionale
Sara Farolfi
ThyssenKrupp non riaprirà lo stabilimento di Torino. Non tanto perchè, come ha detto ieri il direttore del personale ai sindacati, «non c'è lo stato d'animo dei lavoratori per riprendere il lavoro a Torino»: cosa ripetuta più volte dai diretti interessati, ma ignorata dalla multinazionale fin dal giorno successivo alla strage che, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre scorso, ha ucciso sei persone (il settimo lavoratore, Giuseppe Demasi, resta ricoverato in gravi condizioni).
Lo stabilimento torinese non riaprirà i battenti per il fatto che l'azienda, con ogni probabilità, sarà impossibilitata a farlo. E' infatti arrivati sul tavolo della Procura torinese l'indagine degli ispettori Asl, richiesta dalla stessa Procura per verificare, contestualmente all'eventualità del riavvio della produzione (richiesto dall'azienda), le condizioni di sicurezza nello stabilimento. Si tratta di 116 prescrizioni. 116 violazioni in materia di sicurezza (dagli impianti ai macchinari fino alla sicurezza antincendio), contestate all'amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhann, iscritto perciò nel registro degli indagati.
Eppure la multinazionale tedesca anche ieri ha provato a giocare le proprie carte. Lo ha fatto durante l'incontro con i sindacati territoriali e nazionali (Fim, Fiom e Uilm) e con le Rsu dello stabilimento presso l'Unione industriali di Torino. Ipotizzando la chiusura anticipata dello stabilimento e proponendo l'anticipo (al 10 dicembre) della cassa integrazione straordinaria che, secondo gli accordi di luglio (quelli in cui era stata ufficializzata la chiusura dello stabilimento torinese e il trasferimento della produzione a Terni), sarebbe dovuta partire a giugno prossimo. La proposta è stata respinta da sindacati e lavoratori che chiedono che la trattativa, e dunque anche un eventuale accordo, sia gestita (come era stato fatto a luglio sul futuro dello stabilimento) a livello nazionale. E con tutti gli elementi sul tavolo, prescrizioni Asl comprese: «Se la chiusura dello stabilimento fosse dovuta agli eventi e alle violazioni rilevate dagli ispettori dell'Asl - dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom torinese - Perchè l'azienda dovrebbe scontarla con l'anticipo della cassa integrazione?». Perchè, in altre parole, per la chiusura dello stabilimento dovrebbero pagare i lavoratori?
A ThyssenKrupp ieri non è restato altro da fare che prendere atto dell'impossibilità di «scaricare la patata bollente a livello locale per arrivare a Roma con un accordo già fatto», sintetizza Ciro Argentino, delegato Fiom nello stabilimento torinese. Una nota del gruppo riferiva nel pomeriggio di ieri che «l'azienda si è fatta carico di garantire lo stipendio per i mesi di dicembre e gennaio (compresa la tredicesima) a tutti i lavoratori di Torino, in attesa del nuovo incontro a livello nazionale chiesto dai sindacati, previsto per l'inizio di gennaio».
«Tecnicamente - ha annunciato ieri il capo del personale Tk, in conclusione dell'incontro con i sindacati - la copertura delle assenze di dicembre avverrà attraverso il riconoscimento di ferie aggiuntive a quelle contrattuali, procedimento valido anche per coloro che non abbiano ferie residue». Un istituto, quello delle ferie aggiuntive, che non esiste - spiega Airaudo: «un escamotage», dovuto al fatto che dire "paghiamo noi", sarebbe inevitabilmente suonata come un'ammissione di responsabilità.
I sindacati chiedono anche che il negoziato con l'azienda affronti tutte le questioni aperte: non solo la cassa integrazione, ma anche la ricollocazione dei lavoratori, che oggi a Torino sono rimasti in circa 150. «Provati, sconfortati e preoccupati», questo lo stato d'animo che Ciro Argentino prova a raccontare. Oggi pomeriggio, una fiaccolata organizzata dai lavoratori percorrerà la strada che separa il monumento dei caduti sul lavoro dal Cto di Torino, «dove c'è Meis», Giuseppe Demasi, il lavoratore ricoverato in gravi condizioni. E anche per la veglia del 31 è stata organizzata una fiaccolata, che partirà dai cancelli dello stabilimento dove, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, sono morte sei persone.
Lo stabilimento torinese non riaprirà i battenti per il fatto che l'azienda, con ogni probabilità, sarà impossibilitata a farlo. E' infatti arrivati sul tavolo della Procura torinese l'indagine degli ispettori Asl, richiesta dalla stessa Procura per verificare, contestualmente all'eventualità del riavvio della produzione (richiesto dall'azienda), le condizioni di sicurezza nello stabilimento. Si tratta di 116 prescrizioni. 116 violazioni in materia di sicurezza (dagli impianti ai macchinari fino alla sicurezza antincendio), contestate all'amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhann, iscritto perciò nel registro degli indagati.
Eppure la multinazionale tedesca anche ieri ha provato a giocare le proprie carte. Lo ha fatto durante l'incontro con i sindacati territoriali e nazionali (Fim, Fiom e Uilm) e con le Rsu dello stabilimento presso l'Unione industriali di Torino. Ipotizzando la chiusura anticipata dello stabilimento e proponendo l'anticipo (al 10 dicembre) della cassa integrazione straordinaria che, secondo gli accordi di luglio (quelli in cui era stata ufficializzata la chiusura dello stabilimento torinese e il trasferimento della produzione a Terni), sarebbe dovuta partire a giugno prossimo. La proposta è stata respinta da sindacati e lavoratori che chiedono che la trattativa, e dunque anche un eventuale accordo, sia gestita (come era stato fatto a luglio sul futuro dello stabilimento) a livello nazionale. E con tutti gli elementi sul tavolo, prescrizioni Asl comprese: «Se la chiusura dello stabilimento fosse dovuta agli eventi e alle violazioni rilevate dagli ispettori dell'Asl - dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom torinese - Perchè l'azienda dovrebbe scontarla con l'anticipo della cassa integrazione?». Perchè, in altre parole, per la chiusura dello stabilimento dovrebbero pagare i lavoratori?
A ThyssenKrupp ieri non è restato altro da fare che prendere atto dell'impossibilità di «scaricare la patata bollente a livello locale per arrivare a Roma con un accordo già fatto», sintetizza Ciro Argentino, delegato Fiom nello stabilimento torinese. Una nota del gruppo riferiva nel pomeriggio di ieri che «l'azienda si è fatta carico di garantire lo stipendio per i mesi di dicembre e gennaio (compresa la tredicesima) a tutti i lavoratori di Torino, in attesa del nuovo incontro a livello nazionale chiesto dai sindacati, previsto per l'inizio di gennaio».
«Tecnicamente - ha annunciato ieri il capo del personale Tk, in conclusione dell'incontro con i sindacati - la copertura delle assenze di dicembre avverrà attraverso il riconoscimento di ferie aggiuntive a quelle contrattuali, procedimento valido anche per coloro che non abbiano ferie residue». Un istituto, quello delle ferie aggiuntive, che non esiste - spiega Airaudo: «un escamotage», dovuto al fatto che dire "paghiamo noi", sarebbe inevitabilmente suonata come un'ammissione di responsabilità.
I sindacati chiedono anche che il negoziato con l'azienda affronti tutte le questioni aperte: non solo la cassa integrazione, ma anche la ricollocazione dei lavoratori, che oggi a Torino sono rimasti in circa 150. «Provati, sconfortati e preoccupati», questo lo stato d'animo che Ciro Argentino prova a raccontare. Oggi pomeriggio, una fiaccolata organizzata dai lavoratori percorrerà la strada che separa il monumento dei caduti sul lavoro dal Cto di Torino, «dove c'è Meis», Giuseppe Demasi, il lavoratore ricoverato in gravi condizioni. E anche per la veglia del 31 è stata organizzata una fiaccolata, che partirà dai cancelli dello stabilimento dove, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, sono morte sei persone.
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