mercoledì 21 novembre 2007

AGIRE: “ORA DOBBIAMO ASSISTERE I 3 MILIONI DI SFOLLATI PER NON LASCIARLI SOLI A SE STESSI E AL RISCHIO FAME ED EPIDEMIE”

Da oggi è possibile aiutare le persone colpite dal ciclone SIDR in Bangladesh inviando un SMS al numero 48581 del valore di 1 euro - condiviso da TIM, VODAFONE e WIND - e di 2 euro da rete fissa Telecom Italia

Ora il problema principale – mentre ancora si rincorrono le stime sulle vittime (quelle ufficiali parlano di 4.000 morti, ma altre da fonti accreditate arrivano a 10-15 mila vittime) – sembra diventare quello di offrire assistenza ai 3 milioni di persone che il piano di evacuazione messo in atto in Bangladesh ha salvato dalla furia del ciclone SIDR e ha di fatto trasformato in sfollati. Il bilancio ufficiale relativo ai danni alle abitazioni parla di più di 300 mila case distrutte e circa 600 mila seriamente danneggiate.
Una situazione di precarietà che accomuna oltre 1 milione di famiglie - e centinaia di migliaia di bambini – li condanna, in assenza di concreti e immediati aiuti, alla fame, alla disperazione, al rischio epidemie.
A una povertà dalla quale difficilmente riusciranno – da soli – a risollevarsi.

Per questo il messaggio lanciato dalle organizzazioni non governative che hanno deciso di unire i propri sforzi in favore del Bangladesh è che “passato il ciclone SIDR, ora è tempo di AGIRE”.

Un sostegno che è possibile offrire, da oggi, inviando un SMS al numero 48581 del valore di un euro condiviso da TIM, VODAFONE e WIND e di 2 euro da rete fissa Telecom Italia. L’SMS è attivo fino al 5 dicembre.

Oppure collegandosi sul sito www.agire.it o chiamando – per donazioni con carta di credito - il numero verde 800.132870 .

E’ possibile anche inviare un conto corrente postale ad AGIRE: 85593614 Causale “Emergenza Bangladesh" o donare sul conto corrente bancario 41106582 - “AGIRE PER IL BANGLADESH”- presso UNICREDIT BANCA (AGENZIA 3351 MILANO, CIN C, ABI 02008, CAB 01768).

Questo messaggio di grande preoccupazione per la sorte dei 3 milioni di sfollati – spiega Marco Bertotto, direttore di AGIRE, la rete italiana d’intervento in caso di emergenza che unisce gli sforzi e l’esperienza di Acition Aid, Terre des Hommes, Save the Children, VIS e WWF – ci arriva direttamente dagli operatori della nostra rete impegnati in queste ore nei distretti del Bangladesh colpiti dal tifone Sidr. Il piano di prevenzione messo in atto nelle ore precedenti il passaggio del ciclone ha permesso, di fatto, che il numero di morti finora stimato risulti sicuramente drammatico ma di molto inferiore a quello di analoghi eventi naturali che hanno provocato 143 mila vittime, nel 1991 e addirittura mezzo milione nel 1971. D’altra parte, però, questo fatto positivo non deve far abbassare la guardia e non deve distrarre le coscienze dalla necessità di un intervento: il numero degli sfollati fa forse meno notizia di quello delle vittime, ma stiamo parlando del destino di milioni di persone. Se ci fermiamo un attimo a pensare è come se nell’arco di poche ore gli abitanti una città come Roma fossero stati costretti a lasciare le proprie case e si ritrovassero senza nulla… Ora dobbiamo aiutarli, dobbiamo impedire che siano lasciati soli a se stessi. La crisi umanitaria non è ancora scongiurata”.

Alle parole di Marco Bertotto fanno eco le voci degli operatori delle organizzazioni aderenti ad AGIRE, attivi in queste ore in Bangladesh.

Molti sopravvissuti stanno tornando ai loro villaggi, dove prendono atto della cruda realtà”, dice dal Bangladesh il dott. Unni Krishan di Action Aid, una delle cinque organizzazioni che sostiene l’appello di AGIRE. “Hanno perso tutto, non hanno più casa né cibo. L’ultimo ciclone ha travolto una regione che era stata colpita da un’altra inondazione solo tre mesi fa. La popolazione stava quindi già soffrendo a livello materiale e psicologico. Ci vorranno all’incirca altri due giorni per raggiungere tutte le persone colpite. Stiamo cercando di arrivare nelle zone più remote, utilizzando anche imbarcazioni per giungere nelle isole più lontane”.
Il dott. Krishan sottolinea: “C’è assoluto bisogno di materiali di soccorso: cibo, acqua pulita, assistenza medica. L’intervento medico è tra i più urgenti, per i problemi di salute pubblica che pone un disastro di queste proporzioni. In molti casi, l’aiuto fornito è insufficiente e arriva troppo tardi. Ci aspetta un lungo lavoro per far risorgere il paese. Sarà necessario assistere i più vulnerabili, come le donne e i bambini: non si tratta di una missione breve. Questo ciclone è il peggiore degli ultimi sedici anni e ha riportato parte del paese indietro di due decadi”.

Stesso messaggio di forte preoccupazione per la sorte dei molti sfollati arriva da Kate Conradt, di “Save the Children”, un’altra ONG membro di AGIRE: “Il ciclone ha devastato le abitazioni e molte famiglie non hanno più un tetto per ripararsi. In molti stanno cercando di recuperare quanto resta delle loro abitazioni per costruire alloggi provvisori. Tra i problemi più gravi c’è quello del cibo. I raccolti di riso sono perduti e per coloro che gi soffrivano la fame prima del ciclone la situazione è precipitata. Assistere gli sfollati sarà la parte più dura del lavoro. Come sempre, quando si è in presenza di un alto numero di profughi c’è il rischio di malattie favorite dall’utilizzo di acqua non pulita. Comunque, il governo ha fatto un ottimo lavoro di ‘allerta’. Stiamo utilizzando imbarcazioni di soccorso per portare i dottori e le cure mediche. C’è molto lavoro da fare. Lanciamo un segnale di forte allarme soprattutto per la sorte dei bambini, che sono in pericolo e vivono ammassati in ripari provvisori. Servono nuovi fondi per l’assistenza”.

Kate Conradt ha raccolto la drammatica testimonianza di Nazma, 12 anni.

Nazma vive con i genitori e tre fratelli a Patharghatha, un villaggio sulla costa della Baia del Bengala .
"La nostra casa è andata completamente distrutta, abbiamo perso tutto”, ha detto Nazma.
La famiglia di Nazma è stata costretta a passare le notti successive al disastro all’aperto.
Il papà di Nazma, un pescatore, sta cercando in queste ore di ricostruire una casa - le case del villaggio sono tutte di legno - per la sua famiglia, recuperando del legno ancora utilizzabile fra le macerie del disastro.
Anche la scuola del villaggio è andata completamente distrutta. Centinaia di bambini stanno collaborando rovistando fra le macerie, alla ricerca di materiali utili per la ricostruzione.

Nel dramma si può comunque scorgere un barlume di speranza: “Non è tutto negativo il messaggio che ci viene dal Bangladesh. Rispetto a quello che accadeva fino a vent’anni fa, le cose oggi vanno molto meglio”, osserva Gianni Rufini, esperto di aiuti umanitari, e membro del Comitato etico di AGIRE. “Oggi, il paese è più preparato a fronteggiare questi eventi, anche perché ha saputo investire in prevenzione e preparazione, anche con l’aiuto della comunità internazionale e delle organizzazioni non governative. Il Bangladesh è uno dei pochi paesi in cui si sia lavorato seriamente in quella che, in gergo tecnico, viene chiamata “Disaster Mitigation, un insieme di azioni che agiscono sull’intero tessuto del paese”.

Si possono infatti costruire rifugi anti-inondazione e anti-ciclone, dighe di contenimento, creare riserve strategiche di acqua e cibo, rafforzare gli edifici esistenti, sistemi di allerta precoce. Si può approntare di un apparato di protezione civile, coordinare i gruppi di volontariato, mobilitare le amministrazioni locali.
Tutte misure – conclude Rufini - che in Bangladesh sembra siano state almeno in parte adottate e che, nonostante i numeri della tragedia, hanno contribuito a contenere i danni.

La priorità delle organizzazioni di AGIRE in questo momento resta quella di portare aiuto immediato ai 3 milioni di persone sfollate e di non abbandonarle al loro destino.
E tra i soccorritori si diffonde una preoccupazione: in assenza di un intervento immediato e concreto sarà molto più difficile in futuro convincere le persone ad abbandonare le proprie abitazioni prima che arrivi un evento naturale. E in futuro milioni di vite umane saranno a rischio in Paesi colpiti regolarmente da disastri naturali.


Per informazioni e interviste contattare l’ufficio stampa di AGIRE :
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martedì 20 novembre 2007

Piero Calamandrei (1889-1956), discorso agli studenti milanesi (1955)

La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino ipaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono... Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai.

E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica...

Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sepere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane...

E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie... ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini!
O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubbllica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo!

O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi!
E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani...

Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa cartra. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamenteo di centomila morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove fuorno impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.

P. Calamandrei, Discorso agli studenti milanesi